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  • Restauri - Restauri in corso
  • Il rotolo dipinto giapponese "dei trentatré cavalli", Museo Stibbert, Firenze

  • Alla stanga, Giovanni Segantini, Galleria nazionale d'arte moderna, Roma

  • Tibiae, Museo degli Strumenti Musicali, Roma

  • Rotella da parata in cuoio. Museo Bagatti-Valsecchi, Milano

  • Gli affreschi di Polidoro da Caravaggio dal Casino del Palazzo del Bufalo a Roma

  • Angelo in maiolica, Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto

  • Storie di Sant'Orsola. L'arrivo a Colonia, Vittore Carpaccio, Gallerie dell'Accademia, Venezia

  • La cassaforte della casa dei Vettii, Pompei

  • Cromatica, Guido Strazza, Macro, Roma

  • Mappa toroidale di 5 paesi e 4 colori, Sergio Lombardo, Macro, Roma

  • Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo

  • La peschiera della villa romana di Torre Astura, Nettuno, Roma

  • Il polittico di Santa Sabina, cappella di San Tarasio, chiesa di San Zaccaria a Venezia

  • Elefantino di piazza della Minerva a Roma

  • Baia sommersa, Villa dei Pisoni, Pavimento in mosaico bianco

  • Baia sommersa, Terme di Punta dell'Epitaffio. Pavimento in opus sectile

  • Baia Sommersa, Via Erculanea

  • Pietà con San Giovanni, la Maddalena e un Vescovo, Chiesa di Sant'Agostino, Gallese

  • Il Mitra tauroctono dalla Civita di Tarquinia

  • Gonfalone storico dell'università La Sapienza di Roma

  • Amore in caccia, Adamo Tadolini - Museo Mario Praz

  • Bandiera storica Guardia di Finanza, Roma

  • Bandiera della Repubblica Romana, 1849

  • Clipeo raffigurante il Salvatore Benedicente, Guidonia Montecelio (RM)

  • La Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo di Guercino

  • Chiesa di Santa Marta
    stucchi della controfacciata

Restauri in corso

  • Gruppo in terracotta con i santi Concordio, Epifanio e santo anonimo di Alessandro Algardi

    Il gruppo scultoreo in terracotta è un modello di grandi dimensioni eseguito da Alessandro Algardi  a seguito del ritrovamento nel  1634 delle reliquie di Santa Martina nel confessionale sotto la chiesa dei Santi Luca e Martina ai Fori a Roma. Il modello doveva essere gettato in bronzo per commemorare i compagni di Santa Martina. Il bronzo non è stato mai realizzato, forse anche per mancanza di fondi. E’ Algardi stesso che dona il gruppo scultoreo in terracotta per collocarlo in una cappella della cripta della chiesa dei Santi Luca e Martina. L’opera è il modello più grande esistente di Alessandro Algardi per una scultura a tutto tondo e raffigura i santi Concordio, Epifanio e un santo anonimo. I primi due santi recano in mano delle palme realizzate in bronzo di cui solo una è superstite.

    L’altissimo tenore di umidità dell’ambiente in cui il gruppo scultoreo è stato conservato per oltre tre secoli, la presenza di sali nella materia costitutiva, assieme a numerosi difetti originatesi durante la fase di realizzazione, combinati agli esiti di alcuni pregressi interventi di restauro non ben eseguiti, hanno compromesso in modo notevole lo stato di conservazione dell’opera. Per questo motivo, in accordo con la proprietà e con il consenso della Soprintendenza competente, si è deciso di rimuovere la scultura e ricoverarla in un ambiente di Palazzo Carpegna, sede dell’Accademia Nazionale di San Luca. Prima di eseguire lo spostamento, la scultura è stata sottoposta ad una serie di interventi preliminari necessari alla rimozione in sicurezza della stessa.

    Dopo il ricovero nella sede dell’Accademia è iniziato nel maggio 2015 il lavoro di documentazione, sono state realizzate una parte d’indagini scientifiche e si è avviato il delicato intervento di conservazione e restauro. Si prevede un ulteriore anno di lavoro per il completamento dell’intervento.

    Collaborazione esterna di Ernesto Borrelli

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  • Clipeo raffigurante il Salvatore Benedicente, Guidonia Montecelio (RM)

    Clipeo ad affresco raffigurante il Salvatore Benedicente, provenienza: Guidonia Montecelio (loc. Marco Simone Vecchio, RM), cripta di San Nicola; sec. XII-XIII.
     

    Grazie agli accertamenti eseguiti dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale presso un’importante casa d’asta statunitense, nel 2015 è stato possibile recuperare l’affresco del Salvatore benedicente asportato nel 1978 dalla chiesa rupestre di San Nicola di Marco Simone Vecchio insieme ad un altro clipeo raffigurante l'Agnus Dei, già sequestrato in Svizzera nel 1995 e confiscato nel 2010 tra i beni di un trafficante del settore antiquario.

    L'oratorio, scavato in un banco tufaceo, conserva un importante ciclo di affreschi medievali e venne riscoperto dopo secoli di abbandono dai volontari del Gruppo Archeologico Romano che, vista la presenza tra i dipinti murali di una rappresentazione San Nicola, intitolarono la chiesa al santo vescovo. I successivi studi del topografo Jean Coste hanno portato in effetti ad identificare la cripta con l’“Ecclesia Sancti Nicolai” citata in una bolla di papa Callisto II dell’anno 1124 come possedimento del monastero romano dei Ss. Ciriaco e Nicola in via Lata.

    Dato che la ricollocazione degli affreschi nel luogo di provenienza risulta di fatto irrealizzabile, la Soprintendenza competente per territorio ha disposto l'affidamento dei clipei in comodato al Museo civico archeologico Rodolfo Lanciani di Montecelio così da poterne garantire adeguate condizioni di conservazione e di pubblica fruibilità, nonché il legame con il territorio di provenienza ed ha richiesto al contempo, d'intesa con il Comando Carabinieri TPC, l'intervento dell'ISCR che ha inserito i due clipei nella programmazione didattica della SAF di Matera.

    Il Cristo Pantocratore (XII-XIII sec.) era originariamente parte integrante della decorazione della volta dell’oratorio rupestre ed è arrivato nei laboratori dell’Istituto in uno stato di conservazione inevitabilmente compromesso dallo stacco, in seguito al quale si è frantumato in diversi frammenti. Il Salvatore benedicente è stato in primo luogo liberato dal supporto metallico posto in opera dopo il trafugamento, eliminando dal retro tutti i materiali sovrammessi all'intonaco originale.

    Si è scelto quindi di progettare un nuovo supporto in fibra di carbonio, realizzato da Equilibrarte s.r.l., che fosse dotato delle necessarie caratteristiche di reversibilità e che permettesse di rispettare pienamente l'andamento convesso e irregolare del manufatto, senza comprometterne in alcun modo la materia originale. Il pannello, leggero e altamente performante dal punto di vista della resistenza meccanica e quindi rispondente anche alle future esigenze di musealizzazione, è stato realizzato tramite la scansione in 3D del retro del clipeo, eseguita nei laboratori dell'ISCR. Grazie all’applicazione di queste tecnologie innovative sia la malta di sottolivello, che segue per granulometria e tono cromatico l’intonaco originale, sia la cornice del pannello, realizzata con un profilato sagomato in lamiera zincata, riescono ad accompagnare l’innata curvatura del manufatto.

    In occasione dell’esposizione dell’opera nel XXVI Salone del Restauro, dei Musei e delle Imprese Culturali di Ferrara (18-20 Settembre 2019), si è scelto di lasciare parzialmente a vista la superficie del supporto in fibra di carbonio in corrispondenza dell’angolo inferiore destro ai fini di una divulgazione scientifica delle metodologie di intervento adottate. Al di là delle soluzioni tecnologiche, il clipeo del Cristo Pantocratore può esemplificare in maniera significativa e concreta le pratiche dell’ISCR anche nel campo della presentazione estetica dell’opera d’arte e dei principi teorici che guidano le scelte critiche di ricomposizione dell’immagine. La fase di reintegrazione è al momento ancora in corso; dopo la pulitura e il consolidamento della pellicola pittorica è stata eseguita la demolizione delle vecchie stuccature e la realizzazione delle nuove a livello che sono state reintegrate con la tecnica del tratteggio ad acquerello. Le lacune meno importanti sono state chiuse mimeticamente “a tono”, mentre le mancanze più significative sono state trattate a “sotto tono” con velature di colore.

    Gruppo di lavoro ISCR

    Francesca Fabbri: progettista e direttore dei lavori
    Maria Carolina Gaetani dell’Aquila d’Aragona: docente restauratore
    Sara Iafrate, Paola Mezzadri: progettiste e direttori operativi per l’intervento di restauro
    Fabio Aramini: progettazione e realizzazione delle indagini fisiche
    Edoardo Loliva: progettazione e realizzazione riprese fotografiche
    Angelo Raffaele Rubino: progettazione e realizzazione riprese fotografiche, realizzazione della scansione 3D per la progettazione del supporto
    Alessandro Pierangeli, Flavio Garzia, Luciano Cinone: assistenza tecnica e logistica

    Allievi 68°corso SAF di Matera: Emanuela Cardinale, Chiara Giannatempo, Alberta Paglione, Michela Renna e Giulia Simonelli

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  • Bandiera storica Guardia di Finanza, Roma

    Conservata presso il Museo Storico della Guardia di Finanza in Roma, il manufatto è riconosciuto come la bandiera delle prime squadre sportive del Corpo. In seta tricolore, segue la tipologia della bandiera del Regno d’Italia (1861-1946). Lo scudo Savoia con corona è a ricamo meccanico su entrambe le facce del telo centrale. 

    Si presenta in questa sede un progetto in corso per il restauro di una bandiera storica ridotta in piccoli frammenti in tempi recenti. Pur tenendo conto dell’estrema fragilità del materiale costitutivo (seta) e dell’estensione delle lacune, l’obiettivo non è solo ricomporre il “puzzle”, ma restituire l’oggetto alla sua funzione simbolica, nella maniera meno invasiva possibile, con una combinazione di interventi a cucito e impiego di adesivi.

     

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  • Villa Farnesina-Chigi: Saletta del Fregio

    Il restauro della piccola sala adiacente alla Loggia di Psiche e originariamente destinata a essere lo studio di Agostino Chigi, nonché luogo deputato alla lettura del suo testamento, si avvia nel 2003 per concludersi nel 2011, coinvolgendo sia le pareti che il soffitto ligneo cassettonato. A connotare l’ambiente è il fregio che si snoda nella fascia sommitale delle pareti, dipinto da Baldassarre Peruzzi con il probabile coinvolgimento di allievi tra il 1508 e il 1509, e popolato da scene mitologiche prevalentemente tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Prima che si avviasse l’intervento dell’Istituto, le pareti della sala si presentavano tappezzate con un tessuto monocromo fissato con punti metallici riconducibile agli anni 1950-60. Del restauro si occupano la dott. Marica Mercalli e l’arch. Annamaria Pandolfi (direttori dei lavori), e i restauratori Costanza Mora, Federica di Cosimo, Costanza Longo, Alessia Felici e Cristiana De Lisio. Come si legge nella loro relazione “dalla documentazione fotografica antecedente e da saggi effettuati all’inizio dell’intervento si è potuta recuperare l’immagine complessiva dell’ambiente, caratterizzata – alla fine dell’ ‘800 – dalla presenza di una decorazione a finti drappi, dipinti su carta applicata al muro che, agganciati alla cornice dipinta sotto il fregio figurato, ricadevano a coprire quasi interamente le pareti fino a un’altezza di 150 cm da terra. Lo stato conservativo si presentava critico specie nella parete nord (angolo nord-est) per l’azione di pregresse infiltrazioni d’acqua […] e per le ampie lacune della decorazione a finti drappeggi dovute ad ampi rifacimenti delle murature e al tamponamento di una traccia elettrica […]. Dopo il restauro del fregio con le storie mitologiche, il completo recupero delle superfici dipinte della sala, ossia il soffitto e le pareti, è stato affrontato in base ad un’articolata scelta critica e di metodo, attraverso il lavoro interdisciplinare di un’equipe di specialisti (architetti, storici dell’arte, restauratori, chimici e fisici) per giungere a una riproposizione organica dell’aspetto della sala così come si presentava alla fine dell’‘800, prima che l’occultamento della decorazione a drappeggi con i parati in tessuto rendesse le quattro pareti monocrome in funzione di un’esaltazione e di un ‘isolamento’ del brano decorativo ritenuto più importante, ossia il fregio cinquecentesco. L’intervento – particolarmente delicato e complesso perché tiene conto delle tecniche esecutive utilizzate in origine e del pessimo stato di conservazione delle superfici dipinte – ha richiesto la messa a punto di un procedimento tecnico sperimentale appositamente progettato e realizzato dopo numerosi studi e test”.

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