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Bandiera del cacciatorpediniere Zeffiro, Roma

stato di conservazione e interventi precedenti

Come di consueto, prima dell’intervento di restauro, la bandiera è stata sottoposta ad una campagna fotografica (del fronte e del retro, al luce diffusa e radente). In seguito a attenta osservazione e ad esami diagnostici[1] che hanno caratterizzato i materiali costitutivi e hanno messo in evidenza i fenomeni di degrado, si è proceduto  ad all’analisi conservativa del manufatto in stretta relazione con i laboratori scientifici.
La bandiera era in un discreto stato conservativo, avendo resistenza meccanica sufficiente e ancora una buona flessibilità delle fibre, sicuramente maggiore sui teli rosso e verde rispetto a quello centrale (soprattutto nelle zone di colore giallo).
Le indagini scientifiche hanno confermato e integrato i dati dell’osservazione. Lo stato di deterioramento delle fibre è in qualche modo correlato anche alla sua colorazione.
Si ipotizza che il migliore stato di conservazione delle fibre rosse verdi e blu possa essere dovuto all’azione protettiva che la tintura (nel tessuto rosso e ancor più nel tessuto verde) e la stampa (nelle zone blu) hanno esercitato sulle fibre della bandiera.
Su tutta la superficie dell’opera vi era particellato incoerente e, localizzati, alcuni depositi di sostanze coerenti irrigidivano le fibre.
La bandiera era interessata da molte evidenze di piegature e deformazioni: alcune testimoniano un lasso temporale in cui il drappo è stato mantenuto ripiegato[2], altre sono dovute all’esposizione sull’asta. Sul telo verde si notava anche una serie di deformazioni, dovuta a una anomala tensione indotta dalla applicazione della fettuccia bianca.
L’alterazione cromatica è stata riscontrata nei teli bianco e rosso: nel primo sotto forma di imbrunimento (correlato allo stato più critico di deterioramento),  nel secondo come desaturazione del colorante nelle zona più esposte alle radiazioni luminose[3].
Macchie di limitata entità, prodotte da ossidi di ferro, provenivano dall’inserzione nel tessuto di punte metalliche (chiodi, grossi spilli) la cui permanenza nel tempo ha causato anche dei fori. Qualche lacuna, situata nelle zone perimetrali fa ipotizzare un vecchio tipo di ostensione, come un’inchiodatura a parete o ad altro supporto verticale.
Diverse lacerazioni e lacune interessavano soprattutto il telo centrale.
Come interventi precedenti di risanamento si segnalano la cucitura (nuova orlatura) sul lato battente del telo rosso, rammendi non idonei nella parte superiore e inferiore del telo bianco e l’applicazione a cucito di un cordino di nylon nelle zone superiore e inferiore dell’inferitura.



[1] Differenti tipi di indagini sono state effettuate dai laboratori di Restauro, di Chimica e di Biologia. Per il dettaglio della metodologia e dei risultati si rimanda alla sezione diagnostica di questa scheda.

[2] Dalla  disposizione delle pieghe è stato possibile desumere che la piegatura non è stata quella di tipo canonico per le bandiere italiane (in cui si deve prima piegare in tre parti seguendo le fasce dei colori e poi in quadrati facendo in modo che il verde si trovi in esterno)  ma generica (irregolarmente piegata a metà rispetto al lato lungo, e poi ancora due volte a metà nell’altro verso, lasciando visibile all’esterno il rosso).

[3] Si segnala anche una zona meno desaturata in corrispondenza  della coccarda applicata in epoca sicuramente più recente (forse nel 1961). Questo indica che il degrado di tipo fotochimico si è accentuato durante gli ultimi decenni.