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Discussione Tesi di Laurea SAF Matera A.A. 2022/2023 (14/11/2023)

Data: 14/11/2023

Sarà possibile seguire la sessione di laurea in modalità da remoto

Oggi 14 novembre dalle ore 11:00, presso l’Aula Magna dell’ex Convento di Santa Lucia alla Fontana, conseguiranno il titolo di Diploma di Laurea magistrale in "Conservazione e Restauro dei Beni Culturali" cinque allieve della Scuola di Alta Formazione dell’ICR, sede di Matera, nell’ambito del percorso formativo professionalizzante PFP1 (Materiali lapidei e derivati; superfici dell’architettura).

Sarà possibile seguire la sessione di laurea in modalità da remoto, attraverso il link di Google Meet meet.google.com/jjt-ivpp-yge

Sono indicati di seguito i nomi delle laureande, dei relatori ed il titolo e l'argomento delle rispettive tesi.

1. Candidata: Emanuela Cardinale

Titolo tesi:

La formella dell’Annunciazione della Vergine dell’ancona della Cattedrale di Matera. Approfondimento sulla tecnica di doratura, ristabilimento della coesione della pietra leccese e intervento di restauro

Relatori:

Serena Di Gaetano (coordinatore)

Anna Milaneschi

Angelo Raffaele Rubino

Altri relatori:

Angela Calia (CNR-Lecce), Barbara Improta (SABAP Basilicata), Clara Gelao (già direttrice della Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto” di Bari).

Argomento:

Questa tesi affronta lo studio e il restauro di un inedito rilievo scolpito policromo e dorato raffigurante l'Annunciazione, parte di un insieme di sette rilievi scolpiti e numerose porzioni lapidee che compongono la "Cona della Vergine", risalente alla fine del Cinquecento e attualmente custodita in stato frammentario nei depositi della Cattedrale di Matera.

La scelta di concentrarsi sul rilievo dell’Annunciazione, oltre che per la raffinatezza esecutiva, è stata motivata dalle peculiari condizioni conservative in cui versava il manufatto, connotato in particolare dallo stato precario delle finiture policrome e dorate distaccate, fratturate e abrase. Le superfici inoltre erano interessate da consistenti depositi e da una grave decoesione del supporto lapideo.

Gli obiettivi dell’intervento erano: migliorare la leggibilità dell’opera; garantire una buona coesione del materiale lapideo; assicurare una buona adesione delle finiture superficiali. Pertanto, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati individuando il metodo e i materiali più idonei in grado di assicurare gradualità e controllo necessari, ogni fase operativa è stata preceduta da un’indagine sperimentale sui materiali di intervento fatta di prove su campioni, set di indagini scientifiche e verifiche finali.

La delicata fase della pulitura ha previsto la messa a punto di un sistema di raccolta stratigrafico delle numerose scaglie distaccate in vista del ricollocamento. Successivamente è stato possibile ultimare le operazioni di pulitura con un sistema combinato di ablazione laser e rimozione dei depositi a solvente.

Un approfondimento specifico ha riguardato il ristabilimento della coesione del materiale lapideo in cui sono stati messi a confronto e verificati diversi prodotti inorganici. L’esito di questo focus ha portato ad individuare nell’acqua di calce di un grassello calcico invecchiato 60 mesi il miglior trattamento.

Un secondo focus ha riguardato l’indagine della tecnica esecutiva al fine di migliore la comprensione della peculiare tecnica di doratura riscontrata sull’opera. Il complesso stratigrafico composto da priming, preparazione, missione e doratura, è stato indagato sia come sistema sia nei singoli componenti.

I risultati ottenuti hanno contribuito all'integrazione della conoscenza della tecnica di doratura dei materiali lapidei soprattutto all’interno della produzione locale, aprendo nuove prospettive per lo studio delle opere d'arte policrome e dorate. Questo lavoro si configura inoltre come uno studio pilota per il restauro delle altre formelle e, a tale scopo, è stato proposto un modello di schedatura conservativa specifico per opere lapidee policrome e dorate, che considera sia il supporto sia le finiture nella loro dimensione stratigrafica, consentendo di individuare più agevolmente le forme di degrado caratteristiche e facilitando così la redazione di un progetto di restauro volto al recupero della preziosa e monumentale “Cona della Vergine”.

2- 3. Candidate: Chiara Giannatempo e Michela Renna

Titolo tesi: Il restauro del gesso della Grande Genesi n. 4 di A. Raphaël: idrogel integrati a confronto per la pulitura, studio conservativo e di valorizzazione mediante tecnologia 3D web-based.

Relatori:

Paola Mezzadri (coordinatore)

Angelandreina Rorro

Giancarlo Sidoti

Altri relatori: Angelo Raffaele Rubino, Marco Callieri (ISTI-CNR), Ludovica Ruggiero, Marco Bartolini, Francesco Frullini, Roberto Ciabattoni, Claudio Santangelo.

Argomento:

Il lavoro di tesi ha come oggetto l’intervento di restauro sulla scultura in gesso della Grande Genesi n.4 (1966 -1968) realizzata da Antonietta Raphaël e conservata al MUSMA - Museo della Scultura Contemporanea di Matera. L’opera rappresenta il culmine di una riflessione sul tema della maternità, sul quale l’artista lavora sin dalla fine degli anni Trenta con l’idea che la procreazione sia «l’inizio del mondo, l’inizio delle cose, di tutte le cose».

Grazie ad un’attenta analisi delle fonti bibliografiche e delle innumerevoli pagine del Diario dell’artista, unitamente alle testimonianze degli eredi della Raphaël, ad uno scrupoloso studio delle morfologie di degrado presenti sulle superfici dell’opera e degli interventi precedenti, è stato possibile delineare la complessa e articolata storia conservativa del manufatto, dalla sua creazione fino al riconoscimento della sua autonomia artistica con l’esposizione museale.

Lo stato di conservazione in cui versava la scultura e le caratteristiche intrinseche dei materiali costitutivi hanno imposto un’attenta riflessione preliminare, atta a definire specifiche metodologie operative d’intervento, e hanno successivamente orientato l’approfondimento di tipo scientifico relativo agli idrogel integrati per la pulitura di opere sensibili all’acqua. Il quadro conservativo dell’opera è indissolubilmente legato alla sua natura di modello in gesso per la realizzazione della scultura in bronzo e alle vicende conservative che generalmente interessano tali manufatti e che hanno portato la Grande Genesi n.4 a subire manomissioni e danneggiamenti; le sue superfici - piuttosto compromesse - apparivano erose, alveolizzate, fessurate, con numerosi distacchi di natura superficiale, e presentavano materiali soprammessi di varia natura che ne avevano alterato significativamente il messaggio figurativo nei valori chiaroscurali, sia dal punto di vista materico che percettivo.

Una delle maggiori criticità è consistita nell’identificazione del metodo di pulitura più idoneo alle specifiche esigenze conservative richieste dalla scultura oggetto di tesi, per le quali si è scelto di condurre una serie di test in laboratorio confrontando tra loro diversi sistemi supportanti: il tradizionale agar, gli idrogel a base di polivinilalcol e borace - integrati con polisaccaridi al fine di ottimizzare le loro performance - e i gelificanti siliconici in grado di formare “emulsioni pickering”. Alla metodologia di pulitura chimica è stata combinata anche una fase di pulitura fisica con il laser, al fine di rimuovere i depositi particolarmente tenaci. Sono state altresì eseguite operazioni di consolidamento, stuccatura ed equilibratura cromatica - nel rispetto dei principi di riconoscibilità e reversibilità - restituendo i valori plastici e chiaroscurali (ove possibile), ristabilendo la continuità materica e minimizzando le interferenze causate dalle alterazioni cromatiche e dagli interventi precedenti.

Un altro approfondimento tecnico ha riguardato la valorizzazione dell’opera e della sua storia: a partire dalla condivisione delle informazioni e degli esiti del restauro fino ad una proposta di divulgazione di tali contenuti al pubblico attraverso un sistema informativo web-based supportato da 3DHOP (3D Heritage Online Presenter), che ha consentito l’archiviazione, la consultazione e la valorizzazione del corpus di dati tecnici e di informazioni storico-conservative pertinenti alla Grande Genesi n.4 e alle sue quattro differenti versioni.

4. Candidata: Alberta Paglione

Titolo tesi:

Spiette,36 di Paolo Icaro: il restauro di un’installazione contemporanea in gesso e specchio. Applicazioni innovative per la realizzazione di exhibition copy mediante la stampa 3D di elastomeri.

Relatori:

Carla Giovannone (coordinatore)

Angelandreina Rorro

Angelo Raffaele Rubino

Altri relatori: Roberto Ciabattoni, Claudio Santangelo, Mauro Torre, Lucia Conti, Ludovica Ruggiero, Francesco Frullini.

Argomento:

Il lavoro di tesi presentato ha avuto come oggetto di studio l’installazione ambientale Spiette, 36 di proprietà del MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), realizzata ed esposta dall’artista torinese Paolo Icaro. L’opera è costituita da trentasei formelle in gesso contenenti un frammento di specchio, attraverso cui viene guidato l’allestimento degli elementi sulle superfici della sala (pavimento, pareti, soffitto) secondo dei meccanismi di riflessione. La produzione dei singoli elementi ha avuto inizio a partire dal 1991, ma l’opera è stata esposta per la prima volta nel 2006 a Londra, nella forma ridotta di nove elementi e con titolo Spiette. L’attuale conformazione nasce quindi in occasione della mostra senzamargine. Passaggi nell’arte italiana a cavallo del millennio (02 ottobre 2020 - 18 aprile 2022) del MAXXI. Lo studio dell’opera è stato arricchito dalla collaborazione dell’artista che, nel suo studio a Tavullia (PU), ha mostrato l’intera fase di produzione delle spiette, offrendo un importante tassello per la comprensione dell’opera e della sua conservazione.

Il progetto di restauro è stato sviluppato intorno ad otto elementi dell’installazione, trasferiti nei laboratori ICR dopo il disallestimento: due angolari, uno allestito a soffitto e cinque allestiti a pavimento. La posizione degli elementi nello spazio è stata determinante per il loro attuale stato di conservazione: le formelle posizionate sul pavimento, essendo particolarmente esposte all’interazione con i visitatori del museo, hanno subito numerosi danneggiamenti durante il periodo della mostra richiedendo continue operazioni di pronto intervento da parte del personale tecnico del MAXXI. L’intervento di restauro condotto sui cinque elementi danneggiati è stato elaborato selezionando prodotti e metodologie sulla base delle caratteristiche del materiale costitutivo, reso fragile a causa dei processi di produzione. Supportato dai test preliminari e dal confronto con la bibliografia specialistica, l’intervento ha previsto la pulitura del deposito coerente, la riadesione dei frammenti, la microstuccatura e reintegrazione plastica delle aree di frattura.

Infine, la collaborazione con i conservatori del museo e con l’artista, insieme al confronto con le esperienze analoghe accessibili in letteratura, hanno portato a sviluppare un progetto per la realizzazione delle exhibition copy degli elementi. Vista la fragilità del materiale costitutivo, è stato necessario elaborare un sistema di replica privo di contatto diretto con la superficie originale, messo a punto impiegando i nuovi elastomeri disponibili per la stampa 3D che imitano le caratteristiche della gomma siliconica ma possono essere prodotti a partire da un modello digitale senza entrare in contatto con la superficie dell’opera. Una volta selezionato il materiale più idoneo, a fronte di una serie di test comparativi, si è proceduto alla fase applicativa con la produzione di tre exhibition copy.

In conclusione, le modalità di produzione della replica messe a punto tramite il lavoro di sperimentazione hanno fornito al museo uno strumento per la conservazione dell’opera e la possibilità di esporla al pubblico rispettando l’intenzione dell’artista.

5. Candidata: Giulia Simonelli

Titolo tesi:

Il restauro del dipinto murale di Sant’Agostino nella cappella di San Canione della chiesa rupestre di San Pietro Barisano: studio sperimentale sugli inibitori di cristallizzazione dei sali

Relatori:

Paola Mezzadri (coordinatore)

Maria Elena Corrado

Giancarlo Sidoti

Altri relatori: Francesca Fabbri, Angela Calia (CNR-ISPC), Giovanni Quarta (CNR-ISPC), Ludovica Ruggiero, Marco Bartolini, Fabio Aramini, Elisabetta Giani, Angelo Rubino, Claudio Santangelo, Francesco Frullini.

Argomento:

L’intervento di restauro pilota condotto in occasione del presente lavoro di tesi ha interessato il dipinto murale di Sant’Agostino collocato all’interno del ciclo pittorico della cappella di San Canione, nella chiesa rupestre di San Pietro Barisano a Matera e selezionato poiché rappresentativo di tutte le morfologie di degrado presenti sulle superfici dipinte della stessa. L’obiettivo di questa tesi è stato quello di fornire nuovi elementi di conoscenza sul ciclo pittorico e contribuire, con l’intervento di restauro, a restituire i caratteri formali e cromatici del dipinto compromessi dalle diffuse efflorescenze saline, abrasioni e lacune della pellicola pittorica che pregiudicavano la materia e la lettura dell’opera.

La ricognizione archivistica, lo studio storico artistico e quello tecnico hanno inoltre fornito la possibilità di fare delle riflessioni e ipotesi sulla porzione mancante del ciclo pittorico.

Parallelamente è stato fondamentale studiare ed esaminare il contesto ambientale in cui i dipinti sono conservati attraverso un processo che, partendo dalla compilazione della scheda di vulnerabilità classica della Carta del Rischio del Patrimonio Culturale della chiesa, si è poi concentrato sullo studio specifico della cappella di San Canione, dove sono state effettuate analisi sull’illuminazione e sulle condizioni microclimatiche al fine di caratterizzare il sito ed ottenere informazioni dei fattori ambientali di rischio in relazione al processo di degrado delle superfici pittoriche. Allo studio del contesto è seguito lo studio specifico del dipinto coadiuvato dalle indagini scientifiche, delle tecniche, dei materiali costitutivi e dello stato di conservazione dell’opera.

L’intervento di restauro ha previsto la sua esecuzione in tutte le sue fasi: dalle operazioni di pulitura e disinfezione al consolidamento, all’estrazione dei sali sulle superfici per concludere con le stuccature e la reintegrazione pittorica. Il progetto e la realizzazione dell’intervento di restauro sono stati, inoltre, accompagnati da un’attenta riflessione rispetto alla scelta dei materiali idonei da utilizzare in relazione al contesto ambientale in cui è inserita l’opera; pertanto, si è studiato un metodo innovativo di desalinizzazione negli ambienti ipogei.

Contestualmente, la ricerca sperimentale sugli inibitori di cristallizzazione dei sali, preceduta da un’attenta analisi della letteratura tecnico-scientifica di riferimento, ha attraversato una serie di test di laboratorio atti ad individuare il prodotto inibitore più idoneo tra due selezionati della classe dei fosfonati. Infine, al termine dell’intervento e della ricerca sperimentale è stato applicato un prodotto, tra quelli selezionati, ed è stato elaborato un programma di monitoraggio.

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