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La peschiera della villa romana di Torre Astura, Nettuno, Roma

analisi storico-critica

Il sito archeologico di Torre Astura è costituito dai resti di una villa marittima a cui era collegata una peschiera di imponenti dimensioni suddivisa in diversi settori geometrici (m. 150×120); un ponteacquedotto, di cui è visibile un tratto lungo circa 130 metri e che collega il complesso situato all’estremità del promontorio con quello centrale della residenza, oggi interrata e un porto, del quale restano i moli, con gli elementi delle casseforme lignee utilizzate per le gettate, e alcune bitte di ormeggio cadute sul fondo.

Il porto sorge in posizione strategicamente rilevante tra i due promontori di Anzio e S. Felice Circeo, fornendo, lungo questo tratto di costa, l’unico approdo protetto contro i venti di traversia. La località è ricordata dagli autori antichi, tra cui Tito Livio, Plinio il Vecchio e dal geografo Strabone, che la definisce ultimo approdo protetto fino al Circeo. Cicerone stesso possedeva una villa nei pressi di quel promontorio. La residenza dovette essere molto cara all’Arpinate che la menziona nei suoi scritti. Tra l’altro la villa fu teatro delle ultime drammatiche ore che precedettero la fuga dell'oratore, dopo la proscrizione, in cerca di una disperata via di scampo dai sicari di Antonio.

In passato si è voluto identificare, nelle strutture superstiti della villa con annesse peschiere che ora occupa il promontorio di Astura, i resti di quella residenza ciceroniana; ma ciò non è affatto sicuro, così come non si sa con precisione quando il sito, che certamente ebbe una sua rilevanza strategica anche in età volsca, divenne un porto attrezzato.

È da ritenere che il porto nacque in età imperiale in funzione della grande villa, le cui strutture presentano evidenti fasi risalenti alla fine dell’età repubblicana. Come ricorda Svetonio, la villa divenuta proprietà imperiale, fu frequentata, tra gli altri, da Augusto, Tiberio e Caligola che la utilizzarono come base per raggiungere le isole Pontine o vi sostavano durante navigazioni più lunghe. È probabile che i moli, dei quali sono attualmente visibili i resti sott’acqua, siano stati gettati tra l’età neroniana e quella traianea, nel periodo in cui, dopo la realizzazione del complesso di Portus alle foci del Tevere, furono riqualificati alcuni preesistenti porti della costa tirrenica nei pressi di Roma (Antium, Anxur), mentre altri furono creati ex novo (Centumcellae). Il porto si inserisce, dunque, come essenziale stazione di ricovero e protezione lungo la rotta litoranea di avvicinamento a Roma e come fulcro costiero della navigazione da e per le isole (sia le Pontine e sia, poco più a sud, quelle del golfo di Napoli), funzione che mantenne anche dopo l’età antica.

Nel X secolo presso Astura, allora possedimento dei Conti Tuscolani, sorse un monastero dei monaci di S. Alessio sull’Aventino. Dopo la distruzione del Tuscolo nel 1193 e la decadenza dei Conti Tuscolani, la località passa ai Frangipane con la torre e il fortilizio che, nel frattempo, era stato edificato dai precedenti Signori. Durante il XIV secolo la Torre fu disputata da Bonifacio VIII, Ludovico il Bavaro, Pietro d’Aragona, finché passò all’Ospedale di S. Spirito in Sassia, ai Caetani e agli Orsini. Tra il ‘400 e la fine del ‘500 fu dei Colonna, con alcune parentesi papali, finché, nel 1594, fu venduta a Clemente VIII e da allora, per tutto il XVII e XVIII secolo, fu al centro di episodi bellici nella difesa costiera contro i Turchi ed i pirati. Ancora nell’800, dopo essere passata ai Borghese, la torre ospitava una guarnigione.