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Autoritratto in argilla di Ippolito Scalza, Orvieto

stato di conservazione e interventi precedenti

Si deve supporre che il modello della statua in argilla di san Tommaso abbia subito, nel corso degli anni, un notevole degrado, tanto è che nel 1882, quando fu inaugurato il Museo dell’Opera del Duomo, si decise di salvare unicamente la testa, che fu posta sull’attuale basamento recante il logo del museo sul lato frontale con l’ausilio di un perno in ferro, ancorato con del piombo fuso.
Per garantire un buon appoggio della testa al basamento, furono inseriti, tra i margini irregolari del collo e la base, tre elementi in terracotta, collegati all’originale con dei fili di ferro. Gli spazi liberi furono stuccati con dell’argilla, e la superficie esterna di questa costruzione fu integrata con un impasto di gesso e calcite.
Per quanto riguarda lo stato di conservazione dell'opera al momento del suo arrivo in laboratorio, la superficie era ricoperta da abbondanti depositi polverosi, e l’argilla ormai completamente decoesa e attraversata da molteplici fratture e microfessure ed esfogliazioni. Frammenti di argilla di varie dimensioni erano caduti e risultavano di difficile riposizionamento perché frantumatesi cadendo. Vi erano numerosi distacchi, sia delle singole ciocche di capelli, che si muovevano sotto una leggera pressione delle mani, sia di porzioni della finitura a calce.
Il rivestimento a calce si conservava in modo disomogeneo ed era in buona parte perduto in corrispondenza delle ciocche posteriori, dove infatti manca gran parte della superficie originale. L’opera risultava essere compromessa anche dal punto di vista statico: la testa era slittata in avanti, in una posizione più bassa rispetto a quella in cui era originariamente posizionata sul basamento, a causa di una frattura dell’integrazione in gesso del precedente intervento di restauro, che pertanto non era più solidale con l’opera.
Oltre al pessimo stato di conservazione l'opera era poco leggibile nei suoi valori estetici.