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Restauri conclusi
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Il Piviale di Pio XI, Guido Ravasi, Stato Città del Vaticano
Questo grande manto fu realizzato da Guido Ravasi (1877-1946), industriale-artista, “inventore” di tessuti d’arte premiati nelle esposizioni internazionali di arti decorative degli anni Venti, per papa Pio XI (Achille Ambrogio Damiano Ratti), che lo indossò il 24 dicembre 1925 per la chiusura della Porta Santa, durante il Giubileo dello stesso anno. Era stato commissionato da un gruppo di famiglie milanesi e fu consegnato il 14 dicembre nelle mani del pontefice come dono per il giorno successivo, suo onomastico.
Il prezioso piviale caudato è eccezionalmente stato prestato dalla Sacrestia della Cappella Sistina in occasione della mostra “Guido Ravasi. Il signore della Seta”, organizzata dalla Fondazione Ratti di Como nel 2008 ed è stato, per questa occasione sottoposto ad un intervento conservativo presso il Laboratorio di restauro dei Manufatti Tessili dell’Istituto Superiore di Conservazione e Restauro che ha curato il particolare allestimento studiato per un’opera di siffatte dimensioni. Successivamente, sempre per concessione dell’Ufficio Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, il manto ha avuto una esposizione straordinaria presso il Museo Casa Natale Pio IX di Desio ed ancora nella mostra “1929-2009 – Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano” tenutasi nel Braccio di Carlo Magno in Piazza San Pietro nel 2009.
Il manto papale (mantum) o cappa pontificalis è una particolare veste liturgica, di prerogativa papale, che si distingue dal piviale per le maggiori dimensioni. Come quest’ultimo si aggancia sul petto mediante due ganci del formale su cui veniva appuntato il razionale. Caduto in disuso con la modificazione della liturgia, era indossato dal pontefice in occasioni particolari: seduto sulla sedia gestatoria egli ne risultava completamente avvolto, con i piedi che poggiavano sulla fodera, comunicando un’immagine di grande imponenza.
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La porta aperta, Venanzio Zolla, Quirinale, Roma
Il dipinto proviene dalla collezione del Quirinale. Questa raccolta è stata spesso oggetto di restauro del laboratorio dei materiali dell’arte contemporanea nei suoi anni di attività. L'opera La porta aperta in particolare, ha costituito oggetto di interesse per il problema legato alla protezione superficiale, alla sua alterazione e successiva rimozione rispettando il principio sempre valido della reversibilità, cioè della sua rinnovabilità senza danneggiare lo strato pittorico sottostante.
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Hanno partecipato al lavoro oltre al gruppo ISCR:
Dott.ssa Luisa Morozzi ( Storica dell'arte del Quirinale)
Università di Perugia Dipartimento di chimica e CNR, laboratorio Molab, Dott.ssa C. Miliani, Dott.ssa Al.Daveri, Dott.ssa K. Kahrim -
Cromatica, Guido Strazza, Macro, Roma
L’opera “Cromatica” datata 1967, di Guido Strazza, esempio di Optical art, è stata accolta in cattivo stato di conservazione nel laboratorio di restauro dei materiali dell’arte contemporanea, per un intervento di restauro conservativo. Essendo il frutto di un assemblaggio di materiali mobili, alcune parti si erano staccate e l’opera rischiava di scomporsi e di perdere i suoi elementi. È stata pertanto oggetto di studio ed intervento nell’ambito dell’attività didattica di questo Istituto.
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Angelo in maiolica, Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto
L’intervento di restauro di un rilievo in terracotta proveniente dal Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto ci ha offerto l’opportunità di studiare una scultura in maiolica dal punto di visto tecnologico, ma anche di fare delle riflessioni sul metodo di assemblaggio di un tale manufatto destinato alla musealizzazione.
Questo pregevole rilievo (circa 120 x 90 cm) era collocato su una parete del portico del convento orvietano del Buon Gesù quando fu segnalato all’attenzione dei soprastanti dell’Opera del Duomo e da essi acquistato nel 1903 per evitarne la dispersione. La curvatura del margine destro fa però supporre che il rilievo fosse stato originariamente realizzato per decorare una lunetta al di sopra di un portale o per una pala d’altare. Del resto, non è documentato neppure l’autentico sviluppo della composizione cui la figura apparteneva: se infatti l’attributo del giglio sembrerebbe far riferimento a una annunciazione, la curvatura ogivale sulla sinistra e le dimensioni originali della lunetta potrebbero fare pensare a una scena più ampia e articolata.
Il recente restauro ha consentito di restituire stilisticamente questa bella terracotta all’ambito di Benedetto Buglioni, artista fiorentino documentato per la sua attività a Bolsena (VT), nella diocesi di Orvieto, sullo scorcio del XV secolo; e soprattutto di recuperare un interessante “frammento” nella difficile e lacunosa ricostruzione delle produzioni ceramiche attive o presenti a Orvieto in epoca rinascimentale.Il lavoro di restauro si è svolto sotto la direzione di Giuseppina Testa. Si ringrazia inoltre Alessandra Cannistrà dell’Opera del Duomo di Orvieto per la sua cortese collaborazione.
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