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Il Pastore di Arturo Martini

tecniche di esecuzione

Dal 1929 al 1931 Arturo Martini si cimenta nella realizzazione di opere in refrattario, materiale ricco d’inerti e inconsueto per la modellazione scultorea, ma disponibile nello stabilimento dell’ILVA a Vado Ligure. Consultando le testimonianze riportate nei Colloqui sulla scultura, sono state formulate delle ipotesi sulla tecnica esecutiva, basandosi anche sulle tracce di modellazione lasciate sulle superfici. “Facevo una statua coi “canonsini” con cui mio padre faceva i disegni di panna”, dice l’artista nei Colloqui, descrivendo una tecnica che si avvicina alla lavorazione a colombino. Probabilmente la costruzione del pastore deve essere iniziata dal basso, aggiungendo l’argilla con le mani e battendola con uno strumento tipo mazzuolo in legno. Dopo aver modellato il tronco d’albero e le gambe è stato realizzato un taglio all’altezza delle ginocchia per permettere lo svuotamento sino a metà polpaccio. Date le dimensioni dell’opera, alta 173,5 cm, Martini deve aver utilizzato un’armatura che ha permesso di evitare il cedimento dell’argilla durante le fasi di lavorazione. Si individuano circa sette sezioni che presentano nelle zone di giunzione bolle d’aria, crepe e discontinuità nell’impasto. Una volta creata una solida struttura, Martini è passato alla finitura più accurata aggiungendo masse più piccole di argilla compattate con le dita come per il naso, i gomiti, e le ginocchia. Ma, come testimoniato dall’autore, la modellazione avviene anche spingendo dall’interno. Sulla superficie si riconoscono tracce di strumenti e segni lasciati dalle dita: tagli al coltello o con lame, con la miretta o la chiave, la stecca o il pettine, la raspa e infine, impronte digitali e di tessuto. Terminata la modellazione e dopo una lenta essiccazione, si passa alla cottura, che nel caso dei refrattari avviene ad alte temperature. “Finite quattro o cinque di queste terrecotte, andavo fuori, muravo la porta e le cuocevano”, presumibilmente nel forno a camera alimentato a gas di cui ci rimane uno schizzo realizzato dall’artista.